martedì 6 maggio 2008

IN CADUTA LIBERA

Oggi 5 maggio 2008 è morto a Verona Nicola Tommasoli.
Non un eroe, non un martire, solo un “butel” come tanti. Un trentenne con l’unica colpa di voler godersi una serata festiva nel centro della sua città.
Potevo essere io, oggi, al posto di Nicola, la mia famiglia potrebbe essere stata oggi al posto della famiglia Tommasoli, incredula e straziata da un dolore così forte, ingiustificato, incomprensibile.
Con Nicola muore oggi un pezzo di città. Muore la città che vorrebbe poter camminare liberamente senza essere aggredita da un branco di 5 imbecilli, muore la città che crede nella pace e nella nonviolenza, che professa la diversità come ricchezza, muore la democrazia, muore la piazza.
Muore anche la politica, che con i suoi proclami e battibecchi si dimostra sempre più miserevole di fronte alla vita del paese. Una politica che arriva a stilare una classifica tra i fatti di violenza urbana, quella che si spinge per bocca del presidente della Camera a dire che un morto ammazzato per opera di una premeditata, colposa e inutile violenza è meno grave di un gruppo di balordi torinesi che bruciano bandiere, la politica dei comunicati stampa prolissi e inconcludenti , quella politica che vuole maldestramente addossare la colpa di questo morto al sindaco leghista, una politica che, non dimostrando una possibilità di vita migliore, induce, di riflesso, un gruppo di stolti e senza spina dorsale a pensare che una croce celtica, un manganello, un bomber, e il culto del Duce siano un lasciapassare sufficiente per poter decidere della vita e della morte di una persona.
Muore la politica della speranza, del miglioramento delle condizioni sociali, della valorizzazione del paese, del dialogo, della cultura e dell’intelligenza.
Muore un pezzo d’Italia.